E' il più insignito uomo della storia della marina italiana .
Due medaglie d'oro, e quattro d'argento, varie promozioni sul campo, una vasta popolarità nel paese dovuta all'audacia delle sue imprese, medaglia al valor civile dello stato rumeno questo il curriculum di Luigi Rizzo.
Nato a Milazzo nel 1887, apparteneva a una famiglia di grandi tradizioni patriottiche e marinare. Suo nonno si era arruolato nel 1848 tra i militi della « Patria risorgente »; suo zio, appena diciassettenne, aveva seguito Garibaldi sbarcato coi Mille a Marsala suo padre e il fratello maggiore appartenevano alla marina mercantile.
Così all'età di otto anni Luigi aveva passato più tempo in mare che sulla terra ferma .
A 18 anni dopo aver conseguito la licenza d'onore presso l'istituto nautico di Messina cominciava la sua carriera di navigante.
Come allora frequente nella sua professione e al suo livello sociale, si affiliò alla massoneria, associandosi alla loggia 20 luglio 1860 di Milazzo.
Nella seconda metà del 1912 vinse un concorso indetto dall’amministrazione del porto romeno di Sulimà (l’attuale Salina), nel delta del Danubio, dove con un piccolo rimorchiatore – una ‘pilotina’ da 20 t – e molto coraggio riuscì a effettuare il difficile salvataggio di una nave alla deriva, ciò che gli valse il conferimento di una medaglia d’oro al valor civile da parte del governo romeno.
Scoppiata la prima guerra mondiale, nell’agosto del 1914 fu chiamato in servizio attivo e promosso tenente di vascello di complemento il 1° giugno 1915 – pochi giorni dopo l’ingresso in guerra dell’Italia –, venne assegnato alla difesa marittima di Grado.
Operando da osservatore su idrovolanti in Alto Adriatico, si distinse in numerose circostanze per spirito di iniziativa, coraggio e abilità tecnica, tanto che il 30 novembre ottenne una prima medaglia d’argento e fu nominato tenente di vascello in servizio attivo permanente per meriti speciali di guerra. Trasferito nella nuova arma dei MAS, nel maggio del 1916 ebbe il comando della squadriglia di Grado.
I Mas erano sofisticati motoscafi molto veloci e di limitato tonnellaggio, armati soprattutto di siluri e destinati a rapide incursioni contro i porti o le navi , avevano un motore silenziosissimo elettrico per effettuare incursioni a sorpresa e uno ben più potente a combustibile fossile per muoversi con velocità vicine ai 50 Km/h sull'acqua.
Si distinse per numerose azioni che gli valsero onorificenze e medaglie.
Ma l'esercito italiano guidato da generali imbecilli e pomposi , stava perdendo la guerra .
La rotta italiana di Caporetto (24 ottobre) costrinse la Regia Marina a sgomberare le postazioni costiere dell’Alto Adriatico (fino all’estuario del fiume Piave), compresa quella di Grado.
Solo i Mas ottenevano risulti positivi per l?Italia e Rizzo riuscì ad affondare con un blitz notturno anche la temibile corazzata Vienna.
Durante il soggiorno a Grado, Rizzo aveva conosciuto la figlia del medico Angelo Marinaz, Giuseppina, con la quale si fidanzò, fissando il matrimonio per il giorno 28 ottobre 1917 a causa dei tempi lunghi necessari per ottenere i documenti della ragazza, ancora formalmente austriaca.
4 giorni dopo Caporetto e dopo 2 ore dalla fine dell'ennesima missione ,da gentiluomo siciliano non volle mancare al matrimonio arrivando in bicicletta all'altare , schivando tra l'altro un attacco aereo.
All’inizio del 1918 Gabriele D’Annunzio volle Rizzo con sé in quella che sarà poi chiamata ‘la beffa di Buccari’: un’impresa – di valenza più propagandistica che militare – avente lo scopo di forzare la baia di Buccari.
Ma dopo questo ciclo di imprese, che aveva attirato su di lui l’attenzione, troppa, per gli scarsissimi e invidiosi generali italiani della prima guerra mondiale , fu emarginato.
Rizzo attraversò un momento opaco: trasferito dall’Alto Adriatico alla squadriglia MAS di Ancona, era tormentato da malanni fisici e afflitto dalla sensazione di non poter più contribuire alla causa italiana.
Ma il fato lo volle ancora protagonista , gli austriaci sentivano la vittoria vicina ed avevano costruito due corazzate potentissime capaci di radere al suolo qualunque città costiera italiana .
Avevano deciso con tutta la flotta di rompere il blocco navale che Italia e Inghilterra avevano posto sul canale di Otranto e in seguito di imperversare indisturbati nel Mediterraneo distruggendo porti e città Italiane .
Ma Rizzo e due motoscafi MAS erano sulla loro strada , avvistata la flotta nemica alle prime luci dell’alba, decise di attaccare la formazione austriaca puntando alla massima velocità le corazzate, l’obiettivo più importante e pericoloso. Con grande coraggio e perizia riuscirono a sganciare i siluri che affonderanno la Santo Stefano e danneggeranno la Tegetthoff; impegnati nelle manovre evasive per sfuggire al fuoco nemico i Mas furono costretti ad una rocambolesca fuga che si concluderà al porto di Ancona senza perdite italiane.
In seguito, si seppe che a bordo della corazzata Tegetthoff furono fatti imbarcare dei cronisti austriaci che avrebbero dovuto filmare il facile trionfo, ma le immagini da loro raccolte testimonieranno di un ben altro esito. Le navi austriache vennero definitivamente richiamate in porto e non furono più impiegate nella restante parte del conflitto. L’Italia aveva ottenuto il dominio dell’Adriatico.
Promosso per merito di guerra capitano di fregata pochi giorni dopo, il 16 giugno, Rizzo divenne un eroe nazionale, e in seguito il 10 giugno fu assunto come data per la festa della Marina.
Fu protagonista dell'occupazione di Fiume (odierna Rijeka, in Croazia) – effettuata nel settembre del 1919 da parte di alcune migliaia di disertori delle forze armate italiane capeggiate da D’Annunzio ,causata dal fatto che questa città costiera dell’Alto Adriatico (la cui popolazione era in parte italiana) sembrava dovesse essere assegnata alla Jugoslavia dal trattato di pace in discussione a Versailles. Rizzo fu nominato comandante della flotta dell’effimero governo autonomo di Fiume e trattò con le autorità italiane perchè non si degenerasse in incidenti irreparabili.
Dal 1920 tornò ad occuparsi di marina mercantile ai vertici della cooperativa di ispirazione socialista “Giuseppe Garibaldi”.
L’impegno di Rizzo in favore della gente di mare si estese anche alla costituzione di casse previdenziali marittime per malattie e infortuni e alla riorganizzazione del lavoro portuale a Genova.
Nei primi anni del dopoguerra gli nacquero i tre figli: Giacomo (1919), Giorgio (1921), Maria Guglielmina (1924).
Durante gli anni Venti, pur non essendo omogeneo al fascismo per le sue amicizie socialiste, era pur sempre un eroe nazionale di guerra, e non venne realmente perseguitato.
Anzi nel 27 aderì al fascismo , su sua richiesta, nel 1935 rientrò nel servizio attivo della Marina per la guerra d’Etiopia e il 18 giugno 1936 fu nominato ammiraglio di divisione per meriti eccezionali. Presidente della compagnia di navigazione messinese Eolia e consigliere della Finmare (Società marittima finanziaria), nel 1937 venne chiamato alla presidenza di un’altra compagnia di navigazione, il Lloyd triestino.
Tornato in servizio a domanda nel 1940, si occupò della lotta antisommmergibile come ispettore, ma il suo ruolo fu breve e poco incisivo , il fascismo non aveva capito l'importanza di una rete mediterranea contro gli attacchi di profondità e non aveva stanziato fondi in questo senso.
Si dimise in silenzio , Il 9 settembre 1943 Rizzo ordinò di sabotare a Trieste due transatlantici e un piroscafo per evitarne la cattura da parte dei tedeschi. Quando giunse notizia in città che suo figlio Giorgio, sottotenente di vascello al comando di un MAS, era rimasto ucciso a Piombino il 16 settembre sotto un bombardamento tedesco, l’ammiraglio si scontrò con le autorità occupanti che gli negavano il permesso di recarsi all’Elba. Partì ugualmente e recuperò da una fossa comune il corpo del figlio, ma al ritorno i rapporti con i tedeschi che governavano il ‘Litorale adriatico’ andarono sempre peggio.
Fu arrestato , ma il leggendario eroe della grande guerra, fedele al governo legittimo, era un prigioniero «scomodo » per i nazisti, che quattro mesi più tardi lo destinarono al campo di concentramento di Hirschegg, vicino al lago di Costanza. Un lager per ospiti illustri quali Nitti, la duchessa d'Aosta, Irene di Grecia e Anna di Francia.
Ebbe il conforto d'essere raggiunto dalla figlia Guglielmina, che aveva chiesto e incredibilmente ottenuto il « privilegio» di dividere le sue sofferenze. Un caso molto raro nel quadro dell'immane tragedia, simbolo di quanto forte possa essere, contro ogni ostacolo, la solidarietà familiare. Rizzo, liberato nel maggio 1945 dalle truppe francesi del generale De Lattre de Tassigny, trovò in Italia più ostilità che braccia aperte. Dovette perfino subire un processo di epurazione con l'accusa, risultata del tutto infondata, di aver tratto profitto dal regime fascista.
Era il 1951 quando gli fu diagnosticato un tumore al cervello .
La fine fu rapida. Rizzo chiuse la sua vita nello stile di sempre: in silenzio, senza cedimenti e senza debolezze. A Milazzo, per i funerali, c'erano tutti i compagni d'arme, sia della prima sia della seconda guerra mondiale. I superstiti, almeno. Gli amici, le uniformi, la bandiera. Quelli che non avevano dimenticato.
Fonti: treccani.it; digilander.libero.it/casellidomenico; ilgiornale.it