328 anni fa nel 1693 il grande terremoto che distrusse gran parte della Sicilia orientale In due riprese, il 9 e 11 gennaio (di magnitudo rispettivamente 6.0 e 7.1), il terremoto colpì un territorio vastissimo della Sicilia. Gli effetti furono catastrofici. I danni si estesero sino a Palermo, alla Calabria meridionale ed a Malta; la scossa principale fu fortemente avvertita anche a Trapani, in Calabria settentrionale ed in Tunisia.
Catania fu totalmente distrutta, così come la maggior parte delle località del versante orientale dell'Etna e degli Iblei; Siracusa e Ragusa ebbero gravissimi danni.
Le vittime del terremoto furono circa 60.000, di cui 12.000 solo a Catania. Molte località furono ricostruite in sito diverso. Ci furono forti sconvolgimenti del suolo in un'area molto vasta e si osservarono effetti di maremoto (onde di tsunami) su tutta la costa orientale dell’isola tra Messina a Siracusa. Il periodo sismico si protrasse per 2 anni.
La prima grande scossa quella di giorno 9 non provocò danni gravi nella città di Catania , per questo la popolazione etnea era riunita in Cattedrale per un "Te Deum"di ringraziamento ma proprio in quel momento una terribile convulsione tellurica fece crollare il grande campanile di Simone del Pozzo sulle navate del Duomo normanno, rimasero intatte le absidi e si salvarono solo gli officianti che si trovavano in quell'area .
Tanti gli atti di eroismo degli stessi catanesi sopravvissuti: il medico Tezzano, pure ferito dai crolli, si prodigò nel soccorrere la popolazione. Dalle sue disposizioni testamentarie, un lascito in denaro e di un terreno sarebbe nato l'ospedale San Marco (oggi palazzo Tezzano).
Secondo gli scritti riportati dall'Abate Ferrara, . La luna mutò il suo colore e dopo un'ora venne la prima grande scossa, annunciata da un fragore sotterraneo simile a un tuono rimbombante , sicuramente ci fu un terribile maremoto .
Un testimone oculare racconta dell'evento dell'11 a Catania: "Vide che alle due mezza improvvisamente rovinò tutta la città con la morte di più di 160 persone e che durante il terremoto si era ritratto il mare di due tiri di schioppo e per la risacca conseguente aveva trascinato con sette tutte le imbarcazioni che erano ormeggiate in quell'insenatura […] State certi che non c'è penna che possa riferire una tale sciagura.".
Non è assolutamente migliorata la situazione delle costruzioni in Sicilia e lo stesso terremoto oggi secondo stime della protezione civile provocherebbe probabilmente lo stesso numero di vittime (circa 60.000).
A questo terribile cataclisma sono legate due leggende catanesi quella di "Don Arcaloro" e quella del vescovo Carafa. La prima di queste due leggende narra che nella mattina del 10 gennaio 1693 si presentò al palazzo del barone catanese Don Arcaloro Scamacca una fattucchiera locale, e con la sua vociaccia gridò a Don Arcaloro di affacciarsi subito, perché gli doveva dire una cosa di grande importanza: ne andava di mezzo la vita! Don Arcolaro, conoscendo il tipo, ordinò che la facessero salire.
La vecchia strega allora confidò al barone che quella notte gli era apparsa in sogno S.Agata, la quale supplicava il Signore di salvare la sua amata città dal terremoto, ma il Signore a causa dei peccati dei catanesi, aveva rifiutato di concedere la grazia; ed aggiunse la terribile profezia "Don Arcaloru, Don Arcaloru, /dumani, a vintin’ura, /a Catania s’abballa senza sonu!", e cioè "Don Arcaloro, don Arcaloro, domani, alle 14, a Catania si ballerà senza musica!". Il Barone capì subito di quale ballo la vecchia parlasse; e si rifugiò in aperta campagna, dove attese l’ora fatale: e puntualmente all’ora indicata dalla strega il terremoto si verificò. Un vecchio quadro settecentesco, riprodotto da Salvatore Lo Presti, rappresenta il barone catanese con l’orologio in mano, in attesa della funesta ora.
La seconda leggenda relativa al terremoto del 1693 è quella che riguarda il vescovo di Catania Francesco Carafa, che fu a capo della diocesi dal 1687 al 1692. La leggenda dice che questo vescovo, mediante le sue preghiere, era riuscito per ben due volte a tenere lontano dalla sua cara città il terribile terremoto. Ma nel 1692 egli morì, e l’anno dopo, venute meno le sue preghiere Catania fu distrutta.
Nell’iscrizione posta sul suo sepolcro, che si trova nel Duomo di Catania, si legge infatti: "Don Francesco Carafa, già Arcivescovo di Lanciano poi Vescovo di Catania, vigilantissimo, pio, sapiente, umilissimo, padre dei poveri, pastore così amante delle sue pecorelle, che poté allontanare da Catania due sventure da parte dell’Etna, prima del terremoto del 1693. Dopo di che morì. Giace in questo luogo. Fosse vissuto ancora, così non sarebbe caduta Catania!".
citaz. ingv , prof Dario Stazzone , wikipedia